Curriculum romanzato
Che dire di Paolo Ghidoni o “Ghidon” per gli amici, nomignolo che mi è sempre stato stretto, forse perché mi ricordava Kremer, che non è proprio il mio violinista di riferimento (anche se ne riconosco la furbizia musicale).
A 8 anni mio padre mi mette sotto il mento il violino ma, inizialmente, non me ne poteva fregare di meno, almeno fino ai 10 anni, periodo in cui avvenne il miracolo. Da quel momento iniziai a produrre da solo quei suoni vibranti che hanno fatto in modo che non mi staccassi più da quel pezzo di legno, passavo ore ed ore a suonare e ad ascoltare i dischi, non solo di violino, ma soprattutto di orchestre. Mi diplomo prima di aver compiuto 18 anni, da privatista, con un 10 tondo tondo, senza menzione e bacio della giuria perché non ero particolarmente simpatico a qualche insegnante che mi aveva costretto a ritirarmi anni prima da quel conservatorio.
Successivamente sono arrivati una serie di riconoscimenti culminati, a 19 anni, con il primo premio “Vittorio Gui” a Firenze nel 1983, premio internazionale di musica da camera, con Norbert Brainin, primo violino del Quartetto Amadeus, in lacrime.
Furono anni di concerti fantastici! Con il Trio Matisse suonavamo dappertutto e la musica da camera si fuse con il mio essere.
Poi arrivarono il posto in conservatorio e l’attività solistica ed in duo con pianisti del calibro di Bruno Canino e Pier Narciso Masi; poi il periodo come primo violino ne I Virtuosi Italiani che mi fece provare l’ebbrezza di gestire musicalmente un’orchestra d’archi.
Senza dimenticare Franco Gulli all’Accademia Chigiana di Siena, il mio maestro che ancora oggi ricordo con emozione, un signore d’altri tempi e un violinista fantastico.
E non si può tralasciare l’incontro con il genio di Ivry Gitlis e tanto ancora…
Sperando di non tediarvi, il tanto altro ancora è la collaborazione con illustri colleghi, a partire da Dino Asciolla, che poi definirlo collega è difficile, dopo tutto è stato un mito della mia giovinezza e lo è tuttora.
Ma l’incontro fondamentale, un viaggio breve e magico, rimane quello con Sviatoslav Richter.
Si trovava a Mantova nel 1986 per registrare per Decca ed il club che organizzava il tutto era gestito anche da mio padre. Così una mattina mi sono presentato prima che lui arrivasse sul palco del Teatro Bibiena e gli ho donato una mia esecuzione della Ciaccona di Bach. Lui mi ascoltò con interesse e mi diede alcuni preziosi consigli che ancora oggi per me sono come colonne d’Ercole, ad esempio: la continuità ritmica dell’incipit deve continuare e percepirsi anche nelle variazioni seguenti.
Ricordo che avevo con me il suo disco (Melodiya) insieme a David Oistrak dove suonavano Franck e la terza di Brahms (lo avrò ascoltato migliaia di volte ed era già all’epoca rovinato). Gli dissi che lo adoravo, lui scosse la testa e improvvisamente si sedette al pianoforte ed attacco l’inizio della sonata, invitandomi, con un ”prego” in italiano, a suonare. Sinceramente ancora oggi non mi capacito di come io sia riuscito a suonare, ricordo che alla fine lo ringraziai con un rapido inchino e corsi fuori a piangere a dirotto, è stata anche una delle poche volte in cui vidi mio padre commuoversi.
Nella mia carriera ho collaborato con Mario Brunello, Giuliano Carmignola, Danilo Rossi, Ifor James, Franco Maggio Ormezowski, Bruno Canino, Pier Narciso Masi (ecco, lui mi ricorda il suono di Richter) ma l’incontro magico avuto quel giorno a Mantova rimane uno dei momenti più esaltanti e magici della mia vita.
Posso tranquillamente affermare che a 54 anni ho fatto – penso – più di 1000 concerti da solista, in trio e come primo violino in orchestra (mi viene in mente Pelé e i mille gol in carriera) ma non mi sento sazio, non per cercare gloria vana, ma perché senza musica non riuscirei a vivere e ad amare… la amo troppo, quando sento Bach, quando suono Schumann mi sento vivo, chissà!
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VISUAL IDENTITY PROJECT by AMUSART®
Concept & art direction: Tiziana Tentoni
Photo shooting: Alberto Mantegna
Website: Ecograph
www.amusart.com
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